Bellissima Assemblea questa mattina all'ISFOL: più di 250 persone IN SALA, di cui,più di 150 provenienti dai vari EPR del comparto, circa 18 enti rappresentati su 22, in 250 da tutta Italia hanno seguito la Diretta Streaming, moltissimi i colleghi del CNR e dell'ISTAT.
Questi alcuni numeri di un'assemblea degli EPR in cui sono stati affrontati molti temi ed è stata riavviata una mobilitazione di comparto sia in termini di lotta e iniziativa sia in termini cognitivi.Sono intervenute rappresentanze di molti enti: ISFOL, ISPESL, ISTAT, ENEA, INGV, INVALSI, INDIRE, ISS e Rete Ricerca Pubblica. Hanno aperto e chiuso il lavoro Alberto Civica (UIL RUA) e Francesco Sinopoli (FLC-CGIL).
Molti i riferimenti a Rete Ricerca Pubblica ma, anche, gli interventi di colleghi che non ci conoscevano e vogliono contribuire alla costruzione di un'identità comune e di appartenenza ad un comparto che anche con questi ultimi interventi viene ulteriormente massacrato. Siamo tanti e lo saremo sempre di più perché cresce la consapevolezza della cattiva fede del governo, non siamo protetti da Lobbies, ma metteremo in campo tutte le nostre competenze di lavoratori della ricerca pubblica per denunciare e combattere ciò che il Governo Letta, in assoluta continuità con il Governo Monti/Tremonti, sta portando avanti con il decreto 101/13: vogliono solo sopprimerci e mandarci a casa, altro che investimento in ricerca.
Purtroppo, però, non abbiamo fatto in tempo a tornare nei nostri uffici che il sito del SENATO è APPARSO L'INTERVENTO SUL Decreto 101/13 del SENATORE ICHINO, RIPORTIAMO DI SEGUITO IL DATTILOGRAFATO..
COSA CI COLPISCE DI PIU'? GLI APPLAUSI DEL PD! ..
Per non parlare della totale mistificazione della realtà rispetto al lavoro privato, domani pubblicheremo i dati che noi stessi produciamo che confutano quanto riportato da ICHINO.
Cosa tenere come informazione?
19 precari su 20 della PA
andranno a casa, e questo è certo!
Commento mattutino del Senatore Ichino al testo del decreto 101 cosi come tornato dalla Camera.
ICHINO (SCpI). Signor
Presidente, onorevoli colleghi, tutti abbiamo recente memoria del dibattito che
si è svolto su questo disegno di legge in prima lettura nelle settimane
passate; tutti abbiamo preso nota delle osservazioni critiche svolte in
proposito dalle Commissioni lavoro e bilancio. Proprio l'esame ed il dibattito
che ne è seguìto in Commissione ed in Aula hanno determinato in quella sede un
miglioramento del testo e, in particolare, l'accantonamento di norme che
consideravamo sbagliate e alcune correzioni su norme che avrebbero potuto
prestarsi ad interpretazioni scorrette.
Rispetto all'assetto con il quale il provvedimento è
stato trasmesso alla Camera dei deputati, non possiamo non rilevare che per
alcuni punti si è tornati indietro. In particolare, penso all'allungamento del
periodo di proroga delle graduatorie e del periodo in cui possono essere
prorogati o rinnovati i contratti a termine in attesa della copertura secondo
normali procedure nelle amministrazioni pubbliche. In proposito, non tanto in funzione del varo di questo provvedimento che ormai è in dirittura d'arrivo (non c'è più spazio per correggerlo e migliorarlo), quanto soprattutto in funzione del lavoro che ci attende sui prossimi provvedimenti, vorrei considerassimo attentamente ancora una volta la sostanza del problema. La platea cui questo disegno di legge si rivolge è costituita da circa 200.000 persone, prevalentemente giovani, di cui 120.000 titolari di contratti a termine e 70.000-80.000 risultate idonee in graduatorie di concorsi celebrati negli anni passati
Dunque, si tratta complessivamente di 200.000 persone che
hanno aspirato fin qui ad essere immesse in ruolo nelle amministrazioni
pubbliche. Sappiamo anche che, se tutto andrà nel migliore dei modi, le
amministrazioni pubbliche stesse non potranno immettere in ruolo nei prossimi
due o tre anni più di 10.000-12.000 persone e quindi non più di una su venti.
Allora,
se questa è la realtà, se questo è il duro dato con il quale dobbiamo fare i
conti, dobbiamo chiederci che senso abbia prorogare i contratti a termine e le
graduatorie per 200.000 persone offrendo loro una sorta di promessa (quella
cioè che prima o poi avverrà l'agognata immissione in ruolo); infatti, lo
faremmo sapendo che tale promessa potrà essere mantenuta soltanto per una
persona su venti.
Dobbiamo chiederci se per le altre 19 persone su 20 per
le quali questa promessa non potrà essere mantenuta facciamo un buon servizio
inducendole a rimanere aggrappate a questa prospettiva, alla graduatoria in cui
sono risultate idonee e a quel posto di lavoro precario che viene loro
rinnovato oppure se non faremmo un servizio migliore attivando procedure che consentano
di mettersi in comunicazione con il grande flusso di assunzioni che avviene
quotidianamente, anche in questo periodo di grave recessione e crisi economica,
nel tessuto produttivo privato.
Ricordavo nella discussione in prima lettura che il
tessuto produttivo italiano, anche in questi anni di crisi gravissima, ha
prodotto nell'arco di un anno, il 2012, un milione e 700.000 contratti di
lavoro a tempo indeterminato (lo sottolineo), un milione e 700.000 contratti di
lavoro regolari che danno la stabilità cui questi giovani aspirano.
Chiedo perché mai dovremmo indurre 200.000 giovani a
puntare su quei 10-12.000 posti di lavoro che le amministrazioni pubbliche
possono offrire loro e a rinunciare invece alla prospettiva di immettersi nel
grande flusso di 1.700.000 contratti che le aziende private e il tessuto
produttivo offrono loro. Questo è l'errore di fondo che noi vediamo in questo
provvedimento e vediamo in esso il ripetersi di una prassi, di un costume
politico che si è protratto nei decenni passati, sempre centrato sull'uso delle
amministrazioni pubbliche come polmone assistenziale, unico polmone capace di
dare una risposta al bisogno di occupazione.
Questa politica ha prodotto soltanto danni, ha prodotto
danni all'amministrazione pubblica, gonfiandola in modo indebito in interi suoi
comparti, ma ha prodotto danni anche sul versante dell'interesse dei
lavoratori: infatti, questo modo di inserirsi in soprannumero in una struttura
produttiva, in alcuni casi in situazioni in cui non c'è alcuna possibilità
concreta di mettere a frutto il proprio lavoro - questa è la situazione in
moltissime migliaia di società controllate dalle amministrazioni pubbliche e
nelle amministrazioni stesse - non consente di valorizzare il lavoro delle
persone e il lavoro poco valorizzato dà una retribuzione più bassa e minore
professionalità.
Dobbiamo smettere di usare in chiave assistenziale le
amministrazioni e dobbiamo invece avviare in modo molto più robusto le
politiche attive del lavoro, quelle che consentono l'inserimento nel tessuto
produttivo. Per questo in sede di prima lettura abbiamo presentato un ordine
del giorno, che è stato accolto dal Governo, volto a promuovere la
sperimentazione regionale del contratto di ricollocazione, un contratto che può
essere veramente il nuovo strumento capace di dare tutela alla continuità di
reddito del lavoratore e, nello stesso tempo, assistenza di prim'ordine e di
alta qualità e capace altresì di offrire prospettive occupazionali e
professionali infinitamente migliori di quelle che possiamo offrire con
strumenti come questi di carattere essenzialmente assistenziale, oppure con
promesse destinate a rimanere per 19 ventesimi non adempiute.
Termino il mio intervento facendo presente che le
modifiche apportate dalla Camera dei deputati non hanno migliorato, semmai da
questo punto di vista hanno marginalmente peggiorato il testo, allungando i
termini delle proroghe. Non possiamo salutare questo come un fatto positivo,
anche se il carattere marginale delle modifiche non è tale da indurci a cambiare
la valutazione complessivamente positiva che abbiamo dato di questo
provvedimento all'esito delle modifiche apportate in prima lettura. (Applausi dal Gruppo PD).
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