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Isaac Newton




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venerdì 7 dicembre 2012

EVA GIOVANNINI: PREGIUDIZIO VS MERITO



Rebloged from  "Girlfriendinacoma"

"Gilrfriend in a Coma", il doc di Bill Emmott sull'Italia
che è stato appena presentato a Londra e New York.

Questo è il primo articolo di Eva Giovannini sul sito di lancio del film.
 Si parla di merito e di pregiudizi in Italia.

I RICERCATORI DEGLI ENTI DI RICERCA AL CENTRO DELL'ARTICOLO.
Ringraziamo Eva per aver attinto ai nostri dati e aver dato spazio ai nostri temi.
 Buona lettura!


Eva Giovannini, giornalista inviata di Piazzapulita, La7.

Più o meno, da quando andavo alle scuole medie, sento ripetere come un mantra la parola Merito. Ma qual è il contrario di merito? Oggi, per questo blog, scelgo la parola Pregiudizio. Lo faccio dopo che l’ennesimo amico ricercatore mi chiama per dirmi “basta, me ne vado, tanto il mio contratto è in scadenza e poi in Francia mi danno il doppio”. Lo faccio dopo che ho studiato i dati sugli investimenti nella ricerca pubblica degli ultimi anni. Lo faccio all’Indomani delle dichiarazioni del ministro della Funzione Pubblica Patroni Griffi sui precari nella pubblica amministrazione che non avranno un futuro. Lo faccio perché anch’io sono stata attraversata da questo pregiudizio: appena risuona la parola “pubblico”, ecco accendersi il riflesso pavloviano della parola “spreco”. E invece ci sono dei settori in cui, se solo guardassimo i numeri, “pubblico” significa “merito” e in molti casi anche potenziale economico[1]. Penso agli Enti Pubblici di Ricerca, dove lavorano migliaia di ricercatori con un altissimo livello di formazione, trattati negli ultimi anni al pari dello statale “che timbra il cartellino va a fare la spesa”. 
Governi politici e governi tecnici hanno usato la stessa mannaia per tagliare nel settore più strategico che può avere un Paese, la ricerca appunto. Dalla manovra straordinaria di Tremonti (n.122/2010) che ha soppresso interi enti, tra i quali l’Isae (può un Paese che va incontro alla peggiore crisi del secolo cancellare proprio l’Istituto Studi e Analisi Economica?) fino alle misure prese dal governo Monti che sopprime l’Ente Nazionale per la Nutrizione,  prolunga il commissariamento dell’Isfol (a ridosso di una riforma sul mercato del lavoro!) e taglia tutte le piante organiche e i fondi ordinari degli Enti pubblici di ricerca esistenti. Nel far questo, recide le foglie più verdi, ovvero tutti i ricercatori under 40, che hanno contratti atipici o a tempo determinato e rappresentano  - anomalia tutta italiana – circa il 40% del personale[2].  Ma come, tra i primi punti del Consiglio Europeo di Lisbona del 2000 non c’era l’obiettivo di investire in R&D (Research & Developement) il  3% del Pil di ogni nazione entro il 2020? Con il nostro 0.56% (dati Ocse) noi italiani siamo ben lontani da questo obiettivo, eppure si continua a tagliare. Nel migliore dei casi, ad accorpare. Come se accorpando gli Enti di Ricerca si producesse un effettivo risparmio e non – come ha invece rilevato la Corte dei Conti nella Deliberazione n.1/2012/G – maggiori difficoltà gestionali e maggiore aggravio per le casse dello Stato.  Anche perché in alcuni casi (Ispesl e Inran) i Direttori Generali di questi enti hanno continuato a percepire il proprio compenso, nonostante la soppressione dell’Ente. Un po’ come i partiti politici estinti che continuano a ricevere finanziamenti pubblici. In alcuni casi poi, i Direttori Generali non hanno neanche la metà delle competenze di un ricercatore precario medio. Proprio nei prossimi giorni sciopereranno i ricercatori dell’Istituto di Geofisica e Vulcanologia contro lo stop alla proroga dei contratti per 192 precari dell’Ente decisa dal Dir. Gen. Massimo Ghilardi , laureato in Scienze Motorie e già tesoriere della fondazione “Liberamente”, quella degli ex ministri Gelmini e Frattini. A proposito di merito e non di pregiudizi.


[1] G. Sirilli (Fondazione Crui, 2010) “I ricercatori pubblici brevettano molto di più di quanto non si creda” in La Produzione e la Diffusione della Conoscenza: Ricerca, Innovazione e Risorse Umane

[2]A. Ricci, M. Damiani e F. Pompei (2011) “Troppa flessibilità non aiuta la crescita”, lavoce.info  http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002558.html



twitter@evagiovannini

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