Siamo in un Paese curioso. Sappiamo di avere croniche, storiche disfunzioni organizzative a livello di sistema.  Sapevamo  però  anche di avere eccellenze  distribuite su tutto il territorio ed in vari settori della ricerca,  con enti di ricerca che producono ottimi risultati, in alcuni  casi eccellenze a livello planetario, nonostante un carico burocratico  e di vincoli amministrativi  in continua crescita  che provocano, tra le altre cose, la fuga dei giovani migliori e di conseguenza  un invecchiamento insostenibile dell’età media dei ricercatori.  Pensavamo che dopo quasi un decennio di manipolazioni di pezzi del sistema degli enti pubblici di ricerca in particolare:

- accorpamento Osservatori-Istituti del CNR nel settore spaziale con la nascita dell’ INAF agli inizi del 2000,
-creazione dell’ INFM con l’uscita dei corrispondenti istituti del settore della fisica della materia dal CNR,
- abolizione dell’ INFM (Ministro Moratti) con il riassorbimento  nel CNR, nonostante gli ottimi risultati della valutazione CIVR
- riordino di tutti i 12 gli enti di ricerca vigilati dal MIUR  (Ministro Mussi e poi Gelmini)  durato quasi due anni con il conseguente cambio contemporaneo di tutti i vertici nel 2011 ed il corrispondente  riordino dei meccanismi di gestione
solo per citare alcune delle cose più importanti accadute in questi anni, si fosse arrivati ad una situazione in cui ci si potesse finalmente concentrare sulle attività ordinarie della ricerca e non sulle norme su come si organizza e si gestisce la ricerca.
La presenza di un Ministro come Profumo,  che viene dal mondo dell’ università e ricerca e che fa parte di  un governo tecnico per sua natura di breve durata, faceva sperare che non si volessero attivare a breve  ulteriori piani di modifica degli enti di ricerca vigilati dal MIUR. Perfino le sue discutibili  scelte in difesa dei rettori di lunga durata, indicavano una strategia politica basata  sul  consenso e non basata su  strappi violenti.
Nulla di tutto questo. Ci deve essere da qualche parte del sistema di governo  un rovello, un tarlo che spinge la politica, o meglio alcuni politici, con tutti i problemi che ci sono, ad occuparsi continuamente, sempre più pesantemente, della parte del sistema che maggiormente avrebbe bisogno di stabilità e sostegno a lungo termine per produrre qualcosa, vale a dire  il sistema della ricerca pubblica.
L’ultima  è di questa mattina con l’uscita sul Sole 24 Ore in cui il Profumo  annuncia una super riforma che azzera tutta la storia degli enti di ricerca in Italia, riportando indietro l’orologio di 90 anni, a quando il  CNR fu fondato come unico ente di ricerca in una Italia uscita dalla I guerra mondiale e in cui  i decreti erano regi, in quanto  firmati dal regnante re.
Il CNR è un pezzo fondamentale della nostra storia nazionale: tanto più importante in quanto, quale ente multidisciplinare,  ha tenuto in incubazione e  dato nascita a quasi tutti gli altri enti tematici nel nostro paese (ASI, INAF, INGV, INFN, INFM etc.): ogni ente ha la sua storia ma le radici sono comuni.
La nascita degli enti di ricerca tematici ha rappresentato un passaggio fondamentale dello sviluppo di un moderno sistema della ricerca in Italia. Un ente di ricerca tematico con   200-500-1000-1500 persone, per operare con efficenza  ha bisogno di autonomia gestionale e scientifica  dato che  ne ha la capacità organizzative grazie alle sue dimensioni: le sue decisioni non possono dipendere da un ente che  deve gestire 5-7000  dipendenti (numero che è variato nel tempo), con ramificazioni di ogni genere a livello nazionale ed internazionale.  Il  CNR ha infatti  sviluppato, forse inevitabilmente, un complesso apparato burocratico che appesantisce inutilmente le componenti più dinamiche e competitive del sistema nazionale della ricerca, rappresentate in particolare dagli  11 enti vigilati dal Miur.
Appare quindi incomprensibile  e sorprendente la proposta del Ministro.
Incomprensibile  in quanto la vicinanza delle elezioni politiche rende  rende questo progetto non realizzabile al di là dell’effetto annuncio: una norma di tale portata deve necessariamente passare in parlamento all’interno di una  legge specifica  e non può essere mascherata all’interno di  una legge finanziaria sulla stabilità.  Ben difficilmente si può immaginare infatti come un simile colpo di mano non incontri una fortissima opposizione parlamentare.
Sorprendente perchè  assolutamente non discussa con la comunità scientifica ed i suoi vertici, che hanno appreso dai giornali della notizia. A meno che per comunità non si intenda il Ministro stesso (ex-presidente del CNR, che con questo provvedimento potrebbe riorganizzare completamente tutta la ricerca italiana per decreto concentrando un grandissimo potere nelle mani di pochissime persone)  ed un gruppo di politici/tecnici che la ricerca pubblica ce l’hanno da tempo sullo stomaco. Tra gli enti di ricerca da riaccorpare di colpo, per esempio, non appare  l’ IIT, il costosissimo, misterioso centro di ricerca di Genova vigilato dal Tesoro, che  ogni anno assorbe 100 M€ senza che si sappia  bene che risultati  produca (quando fu approvato – ministro Moratti al MIUR e Tremonti al Tesoro – ne fu garantito,   per legge, il finanziamento   di  100 M€/anno per  10 finanziarie consecutive,  per complessivi 1000 M€). L’ IIT non solo non viene toccato dai tagli delle  varie  finanziarie agli enti di ricerca, ma è protetto  anche  dagli effetti della valutazione dell’ ANVUR: del resto essendo stato   fortemente voluto  dall’attuale potente ministro del Tesoro  delle Finanze, Vittorio  Grilli, la valutazione della politica che conta ce l’ha, evidentemente, nel DNA.
Il sistema della  ricerca nazionale è un valore comune, proprio come la costituzione repubblicana: è un sistema piuttosto  fragile, costruito con pazienza attraverso generazioni di ricercatori, basato sull’eccellenza, sull’ iniziativa personale, sul merito  e sulla libertà di ricerca. Pur sempre migliorabile deve essere difeso  a tutti i costi da interessi particolari e transitori.
La preoccupazione della destabilizzazione definitiva  del sistema della ricerca italiana è vivissima: gli interventi pubblici fortemente critici nei confronti di questa proposta  si stanno rapidamente moltiplicando.  Non è mai successo nella storia del nostro Paese  che scelte di tale importanza fossero anche solo proposte senza una approfondita discussione. Occorre fare tutto il possibile  per riportare il governo su posizioni ragionevoli  ed impedire questo colpo di mano per salvare quello che resta dopo questi anni di continue riforme del sistema, potenziando il sistema della ricerca  con azioni  mirate di intervento e di supporto e non con destabilizzanti effetti annuncio.
Post Scriptum Ecco il testo dell’ art. 11 della legge di stabilità che prevede l’accorpamento di tutti gli enti pubblici di ricerca in un solo Centro nazionale delle ricerche (nemmeno rimane il nome dell’attuale CNR) più due agenzie……si tratta di un documento molto dettagliato, che merita di essere letto con attenzione. Buona lettura.